LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso, iscritto al n. 51 p.c. del registro di segreteria, proposto da Adriana Germano, nata a Plodio il 27 agosto 1931, avverso il provvedimento prot. 1123/30105 della Direzione provinciale delle poste di Savona concernente il suo collocamento a riposo. Uditi, nella pubblica udienza del 12 ottobre 1995, il relatore consigliere Antonio Scudieri, la dott. proc. Costantina Sarzi Amade' delegata alla difesa dall'avv. Federico Campanella, nonche' la dott.sa Caterina Antonella Di Maio in rappresentanza dell'amministrazione. Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa. Ritenuto in fatto Con il provvedimento specificato in epigrafe, il direttore reggente della Direzione provinciale delle poste di Savona comunicava alla sig.ra Germano che la sua domanda di dimissioni era stata accolta e che pertanto la medesima era da considerarsi cessata dal servizio a decorrere dal 2 gennaio 1994. Al riguardo risulta emessa l'ordinanza della Direzione centrale U.L.A. del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni in data 24 dicembre 1993. Dalla documentazione acquisita al fascicolo processuale risulta altresi' che l'interessata aveva presentato domanda di dimissioni in data 14 settembre 1993 chiedendone gli effetti a decorrere dal 2 gennaio 1994. Tale domanda veniva accolta in data 9 dicembre 1993 e la relativa comunicazione all'interessata veniva effettuata il giorno successivo con il provvedimento impugnato. Nel proporre il ricorso de quo, la sig.ra Germano deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, sottolineando come tali norme nel caso di specie abbiano creato "violazione di diritti acquisiti e disparita' di trattamento" tra i dipendenti dell'amministrazione aventi gli stessi versamenti contributivi, i quali, pur avendo presentato domanda di dimissioni in epoca di gran lunga anteriore al 15 ottobre 1993, si sono visti accogliere l'istanza dopo tale data, subendo i rigori della nuova legge sotto il profilo pensionistico. Pone ancora in evidenza la ricorrente che il provvedimento di accoglimento, adottato a distanza di circa tre mesi dalla domanda di dimissioni, va censurato anche con riferimento alle prescrizioni di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241, essendo del tutto privo di motivazione e intervenendo a oltre trenta giorni dalla data della istanza di dimissioni. Richiama poi le norme contenute nel testo unico 10 gennaio 1957 n. 3, concludendo che la illegittimita' del provvedimento adottato deriva dalla evidente illegittimita' costituzionale dei commi 16 e 18 del citato art. 11, che si pongono in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione. Chiede pertanto l'annullamento del provvedimento di cessazione del servizio, ovvero l'invio degli atti alla Corte costituzionale in relazione alla prospettata questione di illegittimita'. L'amministrazione postale si e' costituita in giudizio, producendo memoria in data 13 gennaio 1995, con cui, premessa la dinamica procedimentale concernente l'accoglimento delle dimissioni della sig.ra Germano, contesta le argomentazioni svolte nel ricorso, osservando preliminarmente che, trattandosi di questione inerente alla ordinanza di accettazione delle dimissioni, sussisterebbe un difetto di giurisdizione di questa Corte. Nel merito fa osservare che il procedimento adottato non e' censurabile, atteso che l'accoglimento delle dimissioni ha comportato i tempi strettamente necessari per verificare la possibilita' di accedere alle richieste dell'interessata, richieste accolte pedissequamente per quanto attiene alla decorrenza delle dimissioni dal 2 gennaio 1994; conseguentemente non e' ipotizzabile imputare a essa amministrazione alcuna responsabilita' per il fatto che medio tempore e' intervenuta la legge n. 537/1993 la quale, peraltro, ha previsto "la possibilita', per i cessati dal 1 gennaio 1994, di chiedere la riammissione in servizio". In ordine alla sollevata questione di legittimita' costituzionale dei citati commi 16 e 18, la ritiene infondata, andando riconosciuto al legislatore ampia discrezionalita' nel disciplinare la materia secondo criteri riferiti anche alla realta' socio-economica del Paese. In conclusione chiede il rigetto del ricorso. L'interessata, con atto notarile depositato il 4 ottobre 1995, ha conferito mandato difensivo all'avv. Federico Campanella, che, in occasione dell'odierno dibattimento ha delegato il dott. proc. Costantina Sarzi Amade' a sostituirlo. Quest'ultima e' intervenuta richiamandosi alle argomentazioni contenute nel ricorso. Ha preso, altresi' la parola il rappresentante dell'amministrazione per concludere, a sua volta, in conformita' di quanto richiesto nella memoria prima ricordata. Considerato in diritto Con separata sentenza, adottata in pari data, la sezione ha respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'amministrazione, affermando la propria competenza a conoscere in via esclusiva della insorta controversia, quale giudice del rapporto pensionistico. Con il medesimo provvedimento, previa sospensione del giudizio, ha disposto l'adozione della presente ordinanza al fine di rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 18, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, non essendo stata condivisa la prospettazione fatta dalla ricorrente con riferimento alla sospetta incostituzionalita' del comma 16, dello stesso art. 11. Al riguardo, con la sentenza di cui sopra, la sezione ha avuto modo di precisare che le censure mosse nei confronti dell'amministrazione, alla luce della normativa vigente, non possono essere condivise, poiche' nel procedere all'accoglimento delle dimissioni in epoca successiva al 15 ottobre 1993 e alla conseguente determinazione del trattamento pensionistico spettante, la stessa non poteva che attenersi a quanto stabilito dal citato art. 11, comma 16, della legge n. 537, nel senso di apportare le decurtazioni ivi previste in funzione degli anni contributivi mancanti al raggiungimento dei trentacinque anni di anzianita' contributiva. Cio' nella precipua considerazione che il comma 18 di cui trattasi prevede che "le disposizioni di cui al comma 16 si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29,... omissis... esclusi i soggetti la cui domanda di pensionamento sia stata accolta prima del 15 ottobre 1993 dalle competenti amministrazioni". Cio' posto, la sezione nel procedere all'esame di detta questione di legittimita' costituzionale, ravvisa innanzitutto che essa e' sicuramente rilevante ai fini del decidere, non potendosi dubitare che, se una declaratoria di incostituzionalita' investisse detto comma 18, si dovrebbe riconoscere il diritto della ricorrente alla fruizione del trattamento pensionistico nella misura prevista dalla normativa anteriore alla legge n. 537/1993. Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, atteso che le regole costituzionali che si reputano violate sono quelle poste dagli artt. 3 e 97 della Costituzione, va considerato quanto segue. 1. - Il contrasto con l'art. 3 emerge dalla previsione di cui al comma 18, laddove tale norma nel disporre la esclusione dal novero dei dipendenti destinatari delle disposizioni del precedente comma 16, i "soggetti la cui domanda di pensionamento sia stata accolta prima del 15 ottobre 1993", non prevedendo una compiuta disciplina del procedimento di presentazione e di accettazione delle dimissioni, sostanzialmente riserva alle competenti amministrazioni la determinazione dei tempi di attuazione del procedimento stesso (sia pure predeterminati in conformita' di quanto disposto dall'art. 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241); talche' i dipendenti destinatari della norma si trovano discriminati in funzione della diversa amministrazione di appartenenza, atteso che l'iter concernente la definizione delle dimissioni giunge a conclusione in tempi diversi a seconda dell'amministrazione (e anche del diverso ufficio della stessa amministrazione) che lo svolge. E cio' per la semplice considerazione che l'organizzazione differisce sensibilmente da ufficio a ufficio e che l'espletamento delle pratiche amministrative avviene in tempi piu' o meno celeri in funzione del personale ivi addetto. Orbene, pur non dubitando che il legislatore abbia in materia la piu' ampia discrezionalita', essa tuttavia deve rispondere a criteri di ragionevolezza ed equita'; cio' che nella specie non si verifica in quanto la data di accoglimento delle dimissioni, pur essendo determinante sul piano delle conseguenze pensionistiche, e' collegata a fattori estremamente variabili, indipendenti dalla volonta' del legislatore. Cio' consente che a parita' di situazioni, rappresentate da soggetti, aventi medesima anzianita' contributiva, che abbiano presentato in pari data - anteriormente al 15 ottobre 1993 - domanda di dimissioni con la stessa decorrenza, e' possibile che per taluno essa venga accolta prima e per talaltro dopo tale data, per cui il rispettivo trattamento pensionistico sara' differente pur trattandosi di soggetti perfettamente accomunati dal possesso dei medesimi requisiti pensionistici. Ne' e' suscettibile di eliminare la prospettata disparita' la circostanza secondo cui il comma 19 dello stesso articolo 11 preveda la possibilita' di revocare la domanda di dimissioni, giacche' tale facolta' e' consentita a tutti coloro che presentarono domanda successivamente al 31 dicembre 1992, senza alcun particolare riferimento ai soggetti le cui dimissioni siano state accolte dopo il 15 ottobre 1993; con la conseguenza che per questi ultimi essa si atteggia quale scelta necessitata per evitare i rigori della nuova legge, mentre per gli altri rappresenta una effettiva facolta' di scelta se revocare o meno le proprie dimissioni. 2. - Quanto all'art. 97 della Costituzione, e' appena il caso di osservare come il disposto del primo comma, ai sensi del quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione, sia violato dalla manifesta possibilita', in relazione a oggettive situazioni di per se stesse non censurabili, che vengano procurati ingenti danni o, per converso, notevoli vantaggi, sol procrastinando ovvero tempestivamente accogliendo le domande di pensionamento anticipato dei dipendenti pubblici. Conclusivamente, ritiene la sezione che i dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 18, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, siano non manifestamente infondati, avuto riguardo a quanto disposto dagli artt. 3 e 97 della Costituzione e poiche' la questione, come dianzi osservato, e' rilevante ai fini della pronuncia di merito, essa va rimessa alla Corte costituzionale, previa sospensione del giudizio in corso.